Ricorso della Regione Lazio, con sede  in  Roma,  via  Cristoforo
Colombo n. 212 (c.f. 80143490581),  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, Nicola Zingaretti,  rappresentata  e  difesa,  in  forza  di
procura a margine del presente atto ed in virtu' della  Deliberazione
della Giunta regionale n. 196 del 15 aprile 2014 (doc. 1), dal  Prof.
Avv.    Francesco    Saverio    Marini    (MRNFNC73D28H501U;     pec.
francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org;   fax.   06.36001570),
presso il cui studio in Roma, via dei Monti Parioli,  48,  ha  eletto
domicilio; ricorrente; 
    Contro Governo della Repubblica, in persona  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo  Chigi,
Piazza Colonna n. 370, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura
Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via  dei  Portoghesi  n.
12; resistente; 
    Per  la  dichiarazione  di  illegittimita'   costituzionale   del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante  "Interventi  urgenti
di avvio del piano "Destinazione Italia", per il  contenimento  delle
tariffe elettriche e del gas [per la riduzione  dei  premi  RC-auto],
per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di  opere  pubbliche  ed
EXPO 2015", convertito, con modificazioni, dalla  legge  21  febbraio
2014,  n.  9,  pubblicata  in  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
Italiana n. 43 del 21 febbraio 2014, limitatamente  all'articolo  13,
comma 15-bis, inserito in sede di conversione. 
 
                                Fatto 
 
    1.  Il  rumore  rappresenta  una  delle   principali   cause   di
conflittualita' tra gli aeroporti e le comunita' locali residenti  in
realta' urbane ad esse adiacenti. L'inquinamento acustico costituisce
infatti un fattore che, se non gestito adeguatamente,  puo'  arrecare
pregiudizio alla salute e condizionare lo sviluppo del traffico in un
determinato  aeroporto,  con  ripercussioni   dirette   sul   sistema
economico e territoriale. Nel  caso  degli  aeroporti  ubicati  nella
Regione Lazio, le problematiche acustiche sono aumentate negli ultimi
anni, anche in ragione del notevole aumento di traffico a causa dello
sviluppo delle  compagnie  law  cost.  Tra  le  contromisure  per  la
mitigazione degli effetti prodotti  dal  rumore  aereo  figurano  gli
interventi normativi istitutivi di imposte sul rumore  effettivamente
prodotto,  quale  strumento  deterrente   e   sanzionatorio   nonche'
compensativo delle esternalita' negative  prodotte  dalle  operazioni
aeroportuali. 
    2. Con la legge 21 novembre 2000,  n.  342,  "Misure  in  materia
fiscale", veniva istituita (artt. 90-95)  l'imposta  regionale  sulle
emissioni  sonore  degli  aeromobili  (IRESA),  che   sostituiva   la
precedente imposta erariale istituita dall'art. 10 del  decreto-legge
27 aprile 1990, n. 90, coordinato con  la  legge  di  conversione  26
giugno  1990,  n.  165,  e  la  precedente  imposta  regionale  sulle
emissioni sonore degli aeromobili - parallela al tributo  erariale  -
istituita con l'art. 18 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. 
    3. Gli articoli 90 e seguenti della citata legge n. 342 del  2000
avevano stabilito che l'IRESA  -  imposta  con  parziale  vincolo  di
gettito  a  favore  di  opere  di  disinquinamento  acustico   e   di
risarcimento dei soggetti eventualmente danneggiati  dalle  emissioni
sonore - fosse dovuta alle Regioni o alle Province Autonome per  ogni
decollo o atterraggio di aeromobili civili negli aeroporti, da  parte
dell'esercente dell'aeromobile ai  sensi  dell'art.  874  del  Codice
della navigazione. La base imponibile era determinata in ragione  del
numero degli atterraggi e decolli, del peso del velivolo,  della  sua
rumorosita',  nel   rispetto   delle   nonne   internazionali   sulla
certificazione acustica. 
    L'articolo 90, comma 4, della citata legge, richiedeva un decreto
dell'allora Ministro delle finanze di concerto con  il  Ministro  dei
trasporti e  della  Navigazione  e  il  Ministro  dell'ambiente,  per
stabilire le modalita' applicative dell'imposta.  Detto  regolamento,
tuttavia, non e' stato mai emanato. 
    4. Successivamente, in attuazione della legge 5 maggio  2009,  n.
42, Delega al Governo in materia di federalismo  fiscale,  attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione,  veniva  emanato  il  d.lgs.  6
maggio 2011, n. 68, Disposizioni in materia di autonomia  di  entrata
delle regioni a  statuto  ordinario  e  delle  province,  nonche'  di
determinazione dei  costi  e  dei  fabbisogni  standard  del  settore
sanitario, il cui articolo 8 ha stabilito: "Ferma la facolta' per  la
regione  di  sopprimerli,  a  decorrere  dal  1°  gennaio  2013  sono
trasformati  in  tributi  propri  regionali  (....)  l'imposta  sulle
emissioni sonore degli aeromobili (...) di cui agli articoli da 90  a
95 della legge 21 novembre 2000, n. 342". 
    5. La legge della Regione Lazio  29  aprile  2013,  n.  2,  Legge
finanziaria regionale per l'esercizio 2013 (art. 11, legge  regionale
20 novembre 2001, n. 25), ai sensi  del  menzionato  articolo  8  del
decreto legislativo n. 68/2011, ha cosi' istituito (art. 5) l'imposta
regionale sulle emissioni sonore  degli  aeromobili  civili  (IRESA),
quale  tributo  regionale  proprio,  disciplinando   il   presupposto
dell'imposta,  le  esenzioni,  nonche'  la  misura.  In   particolare
l'articolo 5, comma 5 della predetta legge regionale specifica che la
misura dell'IRESA determinata in  riferimento:  i)  al  peso  massimo
dell'aeromobile al  decollo;  ii)  al  livello  di  emissioni  sonore
dell'aeromobile, accertato - secondo gli standard  di  certificazione
internazionali ICAO (International civil aviation organization) - dal
paese  in  cui  risulta  immatricolato  l'aeromobile,   avendo   come
riferimento la metodologia di calcolo riportata nell'annesso 16  alla
Convenzione sull'aviazione civile internazionale dell'ICAO  (capitoli
II, III, e IV). Il successivo sesto comma dell'articolo 5  individua,
poi,  la  misura  dell'IRESA,  distinguendo  gli  aeromobili  in  tre
macro-classi.  L'aliquota  varia  da  un  minimo  di  1,60  euro  per
tonnellata o frazione (aeromobili di classe C sotto le 25 tonnellate)
ad  un  massimo  di  € 2,5  per  tonnellata  o  frazione  (aeromobili
sprovvisti di certificazione acustica o non rispondenti ai  parametri
fissati dall'annesso alla convenzione ICAO) (doc. 2). 
    6. L'Autorita' Garante della Concorrenza e del  Mercato,  con  la
segnalazione prot. n. AS1071 del 27 agosto  2013  (doc.  3),  recante
"Imposta regionale  sulle  emissioni  sonore  degli  aeromobili  come
prevista dall'art. 8 del decreto  legislativo  n.  68  del  6  maggio
2011", rilevava che la difformita' fra le normative delle sei Regioni
che avevano istituito l'IRESA fosse tale da "alterare  le  condizioni
di redditivita' dei vettori che fanno scalo solo in alcuni  aeroporti
rispetto ad  altri,  con  conseguenze  distorsive  sotto  il  profilo
concorrenziale per: 1)  le  compagnie  aeree  che  offrono  i  propri
servizi prevalentemente negli aeroporti dove l'IRESA ha  un'incidenza
maggiore e non possono agevolmente spostarsi da uno scalo  all'altro;
2) i consumatori (prevalentemente non price-sensitive) per i quali, a
fronte di tariffe piu' alte determinate dal trasferimento a valle  da
parte delle compagnie aeree dei maggiori  costi  sopportati,  possono
risultare piu' attraenti scali limitrofi a quelli interessati da  una
maggiore tassazione; 3) le societa' di gestione degli aeroporti,  che
vedono   conseguentemente   alterate   le   proprie   condizioni   di
redditivita' a causa di una riduzione del numero di  vettori  e/o  di
consumatori che decidono di frequentare lo scalo". 
    L'Autorita'  osservava  che  "Le   problematiche   concorrenziali
evidenziate possono essere superate  attraverso  la  definizione  con
legge dello Stato di criteri uniformi per il calcolo dell'imposta, il
cui  gettito  dovra'  ovviamente  essere  devoluto  alle  regioni  di
pertinenza, cosi' come peraltro era gia' stato stabilito con la legge
21  novembre  2000,  n.  342  (artt.  90-95),  prima  della  modifica
intervenuta   nel   2011".   Inoltre,   per    evitare    "arbitrarie
discriminazioni tra scali e tra imprese", riteneva si' dovesse "tener
conto dei seguenti parametri utilizzati in altri Paesi UE  quali,  ad
esempio nel Regno Unito, in Germania, in Spagna e in Olanda: 
        i) La previsione di aliquote differenziate tra voli diurni  e
notturni; 
        ii)  La  previsione  di  parametri  di  pagamento  rapportati
all'efficienza sonora degli aeromobili e non  al  tonnellaggio  degli
stessi; 
        iii) La previsione di classi di aliquote  che  tengano  conto
delle peculiarita' urbanistiche delle aree geografiche prospicienti i
singoli aeroporti". 
    7. Da ultimo, con il decreto-legge 23 dicembre 2013, n.  145,  il
Governo  ha  introdotto  "Interventi  urgenti  di  avvio  del   piano
"Declinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e
del   gas   [Per   la   riduzione    dei    premi    RC-auto],    per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo  e  la  digitalizzazione  delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di  opere  pubbliche  ed
EXPO 2015". In particolare, l'articolo  13  del  decreto-legge  detta
"Disposizioni urgenti per EXPO 2015, per  i  lavori  pubblici  ed  in
materia di trasporto aereo". Con la legge di conversione n. 9 del  21
febbraio 2014 e' stato inserito il comma 15-bis del  citato  articolo
13, oggetto dell'odierno giudizio. La  disposizione  stabilisce  che:
"Al fine di evitare effetti  distorsivi  della  concorrenza  tra  gli
scali  aeroportuali  e  di  promuovere  l'attrattivita'  del  sistema
aeroportuale italiano,  anche  con  riferimento  agli  eventi  legali
all'EXPO 2015, nella definizione della misura dell'imposta  regionale
sulle emissioni sonore degli aeromobili civili (IRESA), di  cui  agli
articoli 90 e seguenti della legge  21  novembre  2000,  n.  342,  il
valore massimo dei parametri  delle  misure  IRESA  non  puo'  essere
superiore a  euro  0.50.  Fermo  restando  il  valore  massimo  sopra
indicato, la determinazione del tributo e' rimodulata  tenendo  conto
anche degli ulteriori criteri della distinzione  tra  voli  diurni  e
notturni e delle  peculiarita'  urbanistiche  delle  ore  geografiche
prospicienti i singoli aeroporti". 
    8. Tutto cio' premesso, con il presente ricorso la Regione Lazio,
come in epigrafe rappresentata e difesa, impugna il decreto-legge  23
dicembre 2013, n. 145, recante "Interventi urgenti di avvio del piano
"Destinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e
del   gas   [per   la   riduzione    dei    premi    RC-auto],    per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo  e  la  digitalizzazione  delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di  opere  pubbliche  ed
EXPO 2015", convertito, con modificazioni, dalla  legge  21  febbraio
2014, n. 9, limitatamente all'articolo 13, comma 15-bis, inserito  in
sede  di  conversione,  trattandosi  di   previsione   lesiva   delle
attribuzioni costituzionali della Regione  e,  pertanto,  illegittima
alla luce dei seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
I. Illegittimita' costituzionale  dell'art.  13,  comma  15-bis,  del
decreto-legge 23 dicembre 2013,  n.  145,  inserito  dalla  legge  di
conversione 21 febbraio 2014, n. 9, per violazione degli articoli 77,
comma 2,117, comma 3 e 119, commi 1 e 2 della Costituzione. 
    1. L'articolo 13, comma 15-bis,  del  decreto-legge  n.  145  del
2013, inserito in sede di conversione dalla legge n. 9 del  2014,  si
mostra costituzionalmente illegittimo, in primo luogo, in  quanto  il
Governo e il Parlamento hanno eluso il principio di omogeneita' della
decretazione d'urgenza,  sia  con  riferimento  alla  disciplina  del
decreto-legge nella sua  complessita',  sia  con  specifico  riguardo
all'oggetto della norma impugnata -  inserita  solo  dalla  legge  di
conversione - rispetto al contenuto  del  decreto-legge.  Tale  vizio
ridonda nella menomazione  delle  attribuzioni  costituzionali  della
Regione  Lazio  e  nel  vulnus  della  sua   autonomia   finanziaria,
costituzionalmente tutelati dagli articoli 117,  terzo  comma  e  119
della Costituzione. 
    In particolare, la disposizione impugnata, stabilendo  il  valore
massimo dei parametri cui ancorare l'imposta IRESA, ad oggi  divenuta
tributo regionale proprio per effetto  dell'articolo  8  del  decreto
legislativo n. 68/2011, e' indebitamente andata ad incidere - come si
chiarira' nel prosieguo - su una materia di legislazione concorrente,
quale  il  "coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del   sistema
tributario". Inoltre, trattandosi, appunto, di un  tributo  regionale
proprio, e cioe' di tributo  "istituito  dalle  regioni  con  proprie
leggi  in  relazione  ai  presupposti  non   gia'   assoggettati   ad
imposizione erariale" (art. 7, comma 1,  lett.  b),  n.  3,  legge  5
maggio 2009, n. 42 - "Delega al Governo  in  materia  di  federalismo
fiscale, in attuazione dell'articolo  119  della  Costituzione"),  la
norma impugnata incide direttamente sull'autonomia finanziaria  della
Regione  Lazio  di  cui  all'articolo  119,  commi  1   e   2   della
Costituzione. 
    Da  quanto  detto  discende   l'ammissibilita'   della   presente
questione di legittimita' costituzionale. Codesta Corte, infatti, con
giurisprudenza costante ritiene ammissibili le q.l.c. prospettate  da
una Regione,  nell'ambito  di  un  giudizio  in  via  principale,  in
riferimento a parametri diversi da  quelli  contenuti  nel  Titolo  V
della Parte seconda della Costituzione, riguardanti il riparto  delle
competenze tra lo Stato e le Regioni, quando sia  possibile  rilevare
la  ridondanza  delle  asserite  violazioni  su  tale  riparto  e  la
ricorrente abbia indicato le specifiche competenze ritenute lese e le
ragioni della lamentata lesione (ex plurimis,  sentenze  n.  128  del
2011, n. 326 del 2010,  n.  116  del  2006,  n.  280  del  2004).  In
particolare, con  riferimento  all'art.  77  Cost.,  la  Consulta  ha
riconosciuto che le Regioni possono impugnare  un  decreto-legge  per
motivi attinenti alla pretesa violazione del medesimo art.  77,  "ove
adducano che da tale violazione derivi una  compressione  delle  loro
competenze costituzionali" (sentenza n. 6 del 2004). Che  e'  appunto
quanto si lamenta nel caso di specie. 
    2. Venendo, ora, al merito della questione, l'elusione  dell'art.
77, comma 2, della Costituzione, sotto  il  profilo  del  difetto  di
omogeneita' della disciplina  oggetto  della  decretazione  d'urgenza
emerge, gia' prima facie, in base alla mera lettura  del  titolo  del
decreto-legge, rubricato  "Interventi  urgenti  di  avvio  del  piano
"Destinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e
del   gas   [per   la   riduzione   dei   premi   RC    auto],    per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo  e  la  digitalizzazione  delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di  opere  pubbliche  ed
EXPO 2015». 
    L'eterogeneita'  delle  discipline  oggetto   del   decreto-legge
impugnato e' confermata anche dall'epigrafe del provvedimento, ove si
attesta "la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare misure per
l'avvio del piano «Destinazione Italia», per  il  contenimento  delle
tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi rc-auto, per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo  e  la  digitalizzazione  delle
imprese, nonche' misure per  la  realizzazione  di  opere  pubbliche,
quali fattori essenziali di progresso e opportunita' di arricchimento
economico, culturale e civile e,  nel  contempo,  di  rilancio  della
competitivita' delle imprese". 
    Scendendo, poi, nel dettaglio  del  decreto-legge,  si  riscontra
l'introduzione  di  discipline  "a  regime"  del  tutto   eterogenee,
incidenti su una pluralita' di materie. La giurisprudenza di  codesta
Ecc.ma Corte, come noto, collega il riconoscimento dell'esistenza dei
presupposti fattuali, di cui all'art. 77, secondo  comma,  Cost.,  ad
una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge,  o
dal punto di vista oggettivo  e  materiale,  o  dal  punto  di  vista
funzionale e finalistico (cfr. Corte cost., sentt. n. 171  del  2007,
n. 121 del 2008). 
    Nel caso che qui occupa, le fattispecie disciplinate dal d.l.  n.
145/2013 non appaiono accomunate da  una  natura  unitaria,  ne'  del
resto l'introduzione di interventi oggettivamente eterogenei  risulta
soneria dalla necessita' di  approntare  rimedi  urgenti  rispetto  a
situazioni  straordinarie  venutesi  a   determinare.   Infatti,   il
"progresso e opportunita' di  arricchimento  economico,  culturale  e
civile", come pure il "rilancio della competitivita' delle  imprese",
non possono certo  considerarsi  situazioni  straordinarie  idonee  a
giustificare una disciplina di tal fatta. 
    Recentemente codesta  Corte  ha  ulteriormente  evidenziato,  sul
punto, che l'art. 15, comma 3, della legge 23  agosto  1988,  n.  400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della  Presidenza
del Consiglio dei Ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del
decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo  e  corrispondente  al
titolo» pur non avendo, in  se'  e  per  se',  rango  costituzionale,
costituisce esplicitazione della ratio implicita  nel  secondo  comma
dell'art. 77 Cost.,  il  quale  impone  il  collegamento  dell'intero
decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza,  che  ha
indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare
la  funzione  legislativa  senza  previa  delegazione  da  parte  del
Parlamento (Corte cost., sent. n. 22 del 2012). 
    3.  Il  vizio  di   eterogeneita'   censurato   riguarda   anche,
specificamente, la norma oggetto del presente giudizio,  inserita  in
sede di conversione dalla legge n. 9 del 2014. Sul punto, e' noto che
la legge di conversione deve osservare la necessaria omogeneita'  del
decreto-legge (nella specie  peraltro  assente,  come  si  e'  appena
eccepito),  la  cui  interna  coerenza  va  valutata   in   relazione
all'apprezzamento politico, operato dal  Governo  e  controllato  dal
Parlamento, del singolo caso straordinario di necessita'  e  urgenza.
Il principio della  sostanziale  omogeneita'  delle  norme  contenute
nella legge di conversione di un decreto-legge e' pienamente recepito
dall'art. 96-bis, comma 7, del regolamento della Camera dei deputati,
che dispone: «Il Presidente dichiara inammissibili gli emendamenti  e
gli articoli aggiuntivi che non  siano  strettamente  attinenti  alla
materia del decreto-legge». 
    Sulla medesima linea si colloca la lettera  inviata  il  7  marzo
2011 dal  Presidente  del  Senato  ai  Presidenti  delle  Commissioni
parlamentari, nonche', per conoscenza, al Ministro per i rapporti con
il Parlamento, in cui si esprime l'indirizzo «di interpretate in modo
particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge,
la  norma   dell'art.   97,   comma   1,   del   regolamento,   sulla
improponibilita'   di   emendamenti   estranei   all'oggetto    della
discussione». 
    Ne   discende   che   l'innesto,   nell'iter   di    conversione,
dell'ordinaria  funzione  legislativa  puo'  essere  effettuato,  per
ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame
essenziale tra decretazione d'urgenza e  potere  di  conversione.  Se
tale  legame  viene  interrotto,  l'uso  improprio,  da   parte   del
Parlamento, di un potere che la  Costituzione  gli  attribuisce,  con
speciali modalita' di procedura, allo scopo tipico di  convertire,  o
non, in legge un decreto-legge, determina la violazione dell'art. 77,
secondo comma, Cost. 
    La  giurisprudenza  di  codesta  ecc.ma  Corte  e'  costante  nel
ritenere che  "la  legge  di  conversione  deve  avere  un  contenuto
omogeneo a quello del decreto-legge. Cio' in ossequio,  prima  ancora
che a regole di buona tecnica normativa, allo stesso art. 77, secondo
comma,  Cost.,  il  quale  presuppone  «un  nesso  di  interrelazione
funzionale tra decreto-legge, formato  dal  Governo  ed  emanato  dal
Presidente della Repubblica, e legge di  conversione,  caratterizzata
da un  procedimento  di  approvazione  peculiare  rispetto  a  quello
ordinario» (sentenza n. 22 del 2012). La legge di conversione  -  per
l'approvazione della quale le Camere, anche se sciolte, si riuniscono
entro cinque giorni dalla presentazione del relativo disegno di legge
(art.  77,  secondo  comma,  Cost.)  -  segue  un  iter  parlamentare
semplificato e caratterizzato dal rispetto di  tempi  particolarmente
rapidi, che si giustificano alla  luce  della  sua  natura  di  legge
funzionalizzata alla stabilizzazione di un provvedimento avente  fora
di legge, emanato provvisoriamente dal Governo e valido per un  lasso
temporale breve e circoscritto. Dalla sua  connotazione  di  legge  a
competenza  tipica  derivano  i   limiti   alla   emendabilita'   del
decreto-legge. La legge di conversione non puo',  quindi,  aprirsi  a
qualsiasi contenuto ulteriore, come del  resto  prescrivono  anche  i
regolamenti parlamentari (art. 96-bis del  Regolamento  della  Camera
dei Deputati e art. 97 del Regolamento del Senato  della  Repubblica,
come interpretato dalla Giunta  per  il  regolamento  con  il  parere
dell'8 novembre 1984).  Diversamente,  l'iter  semplificato  potrebbe
essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano  l'atto
con forza  di  legge,  a  detrimento  delle  ordinarie  dinamiche  di
confronto  parlamentare.  Pertanto,  l'inclusione  di  emendamenti  e
articoli aggiuntivi che non siano attinenti alla materia oggetto  del
decreto-legge, o alle finalita' di quest'ultimo, determina  un  vizio
della legge di conversione in parte qua" (cfr., tra le ultime,  sent.
n. 32 del 2014, ord. n. 34 del 2013, sent. n. 22 del 2012). 
    La Corte aggiunge, ancora, che  quello  denunciato  e'  un  vizio
procedurale  peculiare,  che  per  sua  stessa  natura  puo'   essere
evidenziato solamente attraverso un esame del  contenuto  sostanziale
delle singole disposizioni aggiunte in  sede  parlamentare,  posto  a
raffronto con l'originario decreto-legge. All'esito di tale esame, le
eventuali disposizioni  intruse  risulteranno  affette  da  vizio  di
formazione, per violazione dell'art. 77 Cost., mentre  saranno  fatte
salve tutte le componenti  dell'atto  che  si  pongano  in  linea  di
continuita'  sostanziale,  per   materia   o   per   finalita',   con
l'originario decreto-legge. 
    Nel caso di specie,  la  norma  impugnata  si  mostra  del  tutto
estranea alla materia e alle finalita' del decreto-legge n. 145/2013,
dal contenuto peraltro gia' inammissibilmente  eterogeneo.  Il  comma
15-bis  dell'articolo  13,  inserito  dalla  legge  di   conversione,
stabilisce, al dichiarato fine di "evitare effetti  distorsivi  della
concorrenza", che nella definizione dell'IRESA il valore massimo  dei
parametri delle misure non possa superare il limite di  € 0,50.  Ora,
e' agevole riscontrare come detto intervento normativo sia eterogeneo
rispetto  alle  finalita'  perseguite  dal  Governo   attraverso   la
decretazione d'urgenza, desumibili dall'epigrafe del provvedimento, e
cioe' quelle di emanare misure per l'avvio  del  piano  «Destinazione
Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas,  per
la riduzione dei  premi  rc-auto,  per  l'internazionalizzazione,  lo
sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonche' misure  per  la
realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015. 
    Non si vede, invero, nemmeno il nesso  di  funzionalita'  tra  il
comma 15-bis e il precedente comma 15 dell'articolo 13,  quest'ultimo
originariamente inserito nel decreto-legge n. 145  del  2013  e  solo
parzialmente modificato dalla legge di conversione,  il  quale  nella
formulazione  vigente  recita:  "I  gestori  aeroportuali  comunicano
all'Autorita' di regolazione dei trasporti e all'Ente  Nazionale  per
l'Aviazione Civile l'esito delle procedure previste dal comma 14,  ai
fini della verifica del rispetto delle condizioni  di  trasparenza  e
competitivita'". A sua volta  il  comma  14  dell'articolo  13,  come
convertito,  prevede  che  "I  gestori  di  aeroporti   che   erogano
contributi, sussidi o ogni altra forma di emolumento ai vettori aerei
in  funzione  dell'avviamento  e  sviluppo  di  rotte   destinate   a
soddisfare e promuovere la domanda nei rispettivi bacini  di  utenza,
devono esprimere procedure di scelta del beneficiario tra  parenti  e
tali  da  garantire  la  piu'  ampia   partecipazione   dei   vettori
potenzialmente  interessati,  secondo  modalita'  da  definirsi   con
apposite Linee guida adottate dal Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, sentiti l'Autorita' di regolazione dei trasporti e  l'Ente
Nazionale per l'Aviazione Civile, entro trenta giorni dalla  data  di
entrata in vigore della legge di conversione del  presente  decreto".
Il censurato comma 15-bis, dunque, si  mostra  del  tutto  eterogeneo
rispetto alle misure introdotte e disciplinate dai  precedenti  commi
14 e 15, come pure diverse appaiono le finalita' dell'intervento  del
legislatore. E cio' risulta confermato dal fatto che il comma  15-bis
e' dichiaratamente volto alla tutela della  concorrenza,  mentre  nel
comma 14 il riferimento a "procedure di scelta del  beneficiario  che
siano concorrenziali", originariamente previsto dal d.l. n. 145/2013,
e' stato rimosso dalla legge di conversione n. 9 del 2014. 
    Ancora, la disciplina inserita  dall'impugnato  comma  15-bis  si
mostra eterogenea rispetto ai contenuti complessivi dell'articolo 13,
rubricato "Disposizioni urgenti per EXPO 2015, per i lavori  pubblici
ed in materia di trasporto aereo",  atteso  che  la  disposizione  in
esame incide soltanto formalmente sulla materia del trasporto  aereo,
dettando invece una disciplina incidente sull'imposta collegata  alla
rumorosita' degli aeromobili, e dunque sorretta  da  una  diversa  ed
autonoma ratio. Si e' gia'  anticipato  in  narrativa,  infatti,  che
detta imposta e' nata quale  strumento  deterrente  e  sanzionatorio,
nonche'  compensativo  delle  esternalita'  negative  prodotte  dalle
operazioni aeroportuali,  e  dunque  la  sua  disciplina  risponde  a
finalita'  del  tutto  diverse  da  quelle  indicate  nella   rubrica
dell'articolo 13 e sviluppate nel corpo della disposizione. 
    Si chiede dunque, alla luce di quanto precede, che codesta ecc.ma
Corte    voglia    dichiarare     l'illegittimita'     costituzionale
dell'impugnato articolo 13,  comma  15-bis,  del  d.l.  n.  145/2013,
inserito, in sede di conversione, dalla legge  n.  9  del  2014,  per
eterogeneita' del  contenuto  del  decreto-legge,  e  in  quanto  con
l'introduzione della norma contestata il  Legislatore  ha  esorbitato
dalla potesta' di emendamento in sede  di  conversione,  limitata  ai
soli  emendamenti  e  articoli  aggiuntivi  che  siano   strettamente
attinenti alla materia del decreto-legge. 
    Come detto,  tale  vizio  ridonda  direttamente  su  attribuzioni
spettanti alla Regione Lazio per Costituzione. Infatti, in attuazione
degli articoli 2 e 7 della  legge  5  maggio  2009,  n.  42,  recante
«Delega al Governo in materia di federalismo fiscale,  in  attuazione
dell'articolo 119  della  Costituzione»,  l'articolo  8  del  decreto
legislativo n. 68/2011 ha stabilito che dal 1° gennaio 2013 l'imposta
sulle emissioni sonore degli  aeromobili  civili  e'  trasformata  in
tributo regionale proprio. 
    Ne discende  la  competenza  della  Regione  di  istituire  detta
imposta  e  di   disciplinarne   specificamente   i   contenuti.   In
particolare, con la legge regionale n. 2 del 2013, la  Regione  Lazio
ha istituito l'IRESA quale tributo regionale proprio, a decorrere dal
1° maggio 2013 (art. 5). 
    L'intervento normativo in esame, individuando la  misura  massima
cui ancorare i parametri di definizione dell'IRESA, e' andato  dunque
ad incidere direttamente sull'autonomia finanziaria che  l'art.  119,
comma 2,  della  Costituzione  attribuisce  alle  Regioni,  le  quali
(insieme agli altri enti indicati dalla norma), hanno  risorse  anche
autonome, stabiliscono e applicano  tributi  ed  entrate  propri,  in
armonia con la Costituzione e secondo  i  principi  di  coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario. 
    L'intervento in questione, inoltre, sebbene dichiaratamente volto
alla tutela della concorrenza, e' andato ad incidere  trasversalmente
su un ambito materiale deferito alla competenza legislativa regionale
concorrente, e cioe' appunto il coordinamento della finanza  pubblica
e del sistema tributario. Anche codesta ecc.ma Corte ha  recentemente
chiarito che la disciplina relativa a tributi regionali propri  (come
nel caso di specie),  diversamente  da  quella  relativa  ai  tributi
regionali derivati (cioe' istituiti e regolati da leggi  statali,  il
cui gettito e' attribuito alle Regioni), e' ascrivibile alla materia,
di competenza legislativa  concorrente,  "coordinamento  del  sistema
tributario" di cui al terzo comma dell'art. 117  Cost.  (sentenza  n.
121 del 2013, sent. n. 30 del 2005). 
    Concludendo, secondo  l'insegnamento  di  codesta  ecc.ma  Corte,
"nella misura in cui le Camere  non  rispettano  la  funzione  tipica
della legge di conversione. facendo uso della speciale procedura  per
essa prevista al fine di perseguire  scopi  ulteriori  rispetto  alla
conversione del provvedimento  del  Governo,  esse  agiscono  in  una
situazione di carenza di potere. 
    In tali casi, in base alla giurisprudenza di questa Corte, l'atto
affetto da  vizio  radicale  nella  sua  formazione  e'  inidoneo  ad
innovare l'ordinamento e, quindi, anche  ad  abrogare  la  precedente
normativa (sentenze n. 123 del 2011 e n. 361 del 2010). Sotto  questo
profilo,  la  situazione  risulta   assimilabile   a   quella   della
caducazione di norme legislative emanate in difetto di delega, per le
quali questa Corte  ha  gia'  riconosciuto,  come  conseguenza  della
declaratoria di illegittimita' costituzionale,  l'applicazione  della
normativa praticate (sentenze n. 5 del 2014 e n. 162  del  2012),  in
conseguenza  dell'inidoneita'  dell'atto,  per  il   radicale   vizio
procedurale che lo inficia, a produrre effetti abrogativi  anche  per
modifica o sostituzione» (Corte cost., sent. n. 32 del 2014). 
    Si  insiste,  dunque,  per  la  declaratoria  di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma  15-bis,  del  d.l.  n.  145/2013,
inserito, in sede di conversione, dalla legge  n.  9  del  2014,  per
violazione  degli  articoli  77,  secondo  comma,  117  e  119  della
Costituzione. 
II. Illegittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma  15-bis,  del
decreto-legge 23 dicembre 2013,  n.  145,  inserito  dalla  legge  di
conversione 21 febbraio 2014, n. 9,  per  violazione  degli  articoli
117, comma 2, lett. e) in  combinato  disposto  con  l'art.  3  della
Costituzione. 
    1. Il comma 15-bis dell'articolo 13, d.l. n.  145/2013,  inserito
dalla legge di conversione n. 9 del 2014, stabilisce che, "al fine di
evitare  effetti  distorsivi  della   concorrenza   tra   gli   scali
aeroportuali e di promuovere l'attrattivita' del sistema aeroportuale
italiano",  nella  definizione  della  misura  dell'IRESA  il  valore
massimo dei parametri delle misure non possa essere superiore a  0,50
euro. 
    Si ritiene  che  l'intervento  normativo  in  questione,  sebbene
dichiaratamente  volto  all'esercizio  di  una  competenza   che   la
costituzione riconosce come statale, abbia oltrepassato i  limiti  di
ragionevolezza e  proporzionalita'  che,  secondo  l'insegnamento  di
codesta ecc.ma Corte,  fungono  da  parametro  di  valutazione  della
legittimita'    dell'incidenza    dell'intervento    statale    sulle
attribuzioni regionali. Benche', infatti, si riconosca al legislatore
statale, nell'esercizio della propria competenza nelle  materie  c.d.
trasversali - quale, appunto, quella della tutela  della  concorrenza
di cui all'art. 117, comma 2, lett. e) Cost.  -  la  possibilita'  di
incidere su  ambiti  materiali  deferiti  alla  competenza  regionale
concorrente o residuale, si afferma altresi' che  tale  ingerenza  e'
legittima  nei  limiti  della   ragionevolezza   e   proporzionalita'
dell'intervento. 
    Nel caso de quo, l'irragionevolezza della normativa rispetto allo
scopo perseguito appare dimostrata da diversi fattori. 
    In primo luogo, la disposizione richiamata viola l'articolo  117,
comma 2, lett. e) Cost.,  in  combinato  disposto  con  l'articolo  3
Cost., sotto il profilo  della  contraddittorieta'  intrinseca  della
disposizione e della sua genericita'.  Il  legislatore,  infatti,  ha
introdotto una disciplina elusiva dello stesso scopo  dichiaratamente
affermato dalla norma, e dal carattere eminentemente indefinito. 
    In proposito - come rilevato in fatto -  la  norma  impugnata  e'
stata pensata ed emanata a seguito della segnalazione  dell'Autorita'
Garante della Concorrenza e del Mercato n. AS1071 del 27 agosto 2013,
avente appunto ad oggetto "Imposta regionale sulle  emissioni  sonore
degli aeromobili come prevista dall'art. 8 del decreto legislativo n.
68 del 6 maggio 2011" (doc. 3). 
    L'Antitrust, in particolare, aveva rilevato che, a seguito  della
trasformazione dell'IRESA in tributo regionale proprio, l'imposta era
stata istituita soltanto in  sei  Regioni,  e  che  nella  disciplina
dell'IRESA, queste ultime non avessero tenuto  in  considerazione  le
differenze  tra  voli   diurni   e   notturni,   le   caratteristiche
urbanistiche dei vari scali, l'effettivo livello di emissioni  sonore
dei velivoli. 
    Pertanto l'Antitrust suggeriva "la definizione  con  legge  dello
Stato di criteri uniformi per il calcolo  dell'imposta",  tenendo  in
considerazione alcuni parametri utilizzati in altri Paesi  UE  quali,
ad esempio: i) la  previsione  di  aliquote  differenziate  tra  voli
diurni e notturni;  ii)  la  previsione  di  parametri  di  pagamento
rapportati  all'efficienza  sonora  degli   aeromobili   e   non   al
tonnellaggio degli stessi; iii) la previsione di classi  di  aliquote
che  tengano  conto  delle  peculiarita'  urbanistiche   delle   aree
geografiche prospicienti i singoli aeroporti. 
    Il legislatore, lungi dall'individuare "criteri uniformi  per  il
calcolo dell'imposta", ha invece fissato, inopinatamente,  il  limite
massimo "dei parametri delle misure  IRESA",  con  cio'  radicalmente
eccedendo  le  indicazioni  dell'Antitrust  ed  anzi  sostanzialmente
raggirandole. Per effetto della norma impugnata, infatti,  i  criteri
per la determinazione  dell'IRESA  sono  rimasti  indefiniti,  se  si
esclude  il   generico   riferimento,   nell'ultimo   periodo   della
disposizione impugnata, a "gli ulteriori  criteri  della  distinzione
tra voli diurni e notturni e delle  peculiarita'  urbanistiche  delle
aree geografiche prospicienti i singoli aeroporti", in base ai  quali
dovrebbe essere "rimodulata" la determinazione  del  tributo,  "fermo
restando il valore massimo sopra indicato". 
    Ebbene non c'e' dubbio che, attraverso la fissazione di un  tetto
di imposta cosi' basso (€ 0,50 indipendentemente dal parametro  preso
in  considerazione),  il  legislatore  abbia  sostanzialmente  voluto
svuotare di contenuto l'imposta, in modo da azzerarne  le  incidenze.
L'effetto raggiunto e' esattamente  opposto  a  quello  di  incentivo
della concorrenza, il quale ultimo consiste appunto  nel  premiare  e
incentivare le imprese piu' efficienti (che si dotino, ad esempio, di
apparecchi meno rumorosi e inquinanti). Cosi facendo, invece, i mezzi
piu'  obsoleti   e   rumorosi   saranno   soggetti   ad   un   regime
sostanzialmente  analogo  a  quello  riservato   ai   velivoli   piu'
efficienti - posto che un limite di imposta cosi' basso e' inidoneo a
ingenerare differenze quantitative significative, a fronte invece  di
evidenti  disparita'  qualitative  fra  i  mezzi  -  con  conseguente
elusione del principio di concorrenza. Come  pure  svuotata,  per  le
stesse ragioni, risulta la ratio sottesa all'istituzione dell'imposta
sulle emissioni sonore degli aeromobili civili,  consistente  appunto
in una misura deterrente e sanzionatoria nonche'  compensativa  delle
esternalita' negative prodotte dalle operazioni aeroportuali, e  allo
stesso tempo incentivante l'efficienza nella dotazione  dei  velivoli
da parte delle imprese del settore. 
    2. Sotto concorrente profilo, l'irragionevolezza della  norma  si
evince  altresi'  confrontando  il   valore   massimo   fissato   dal
legislatore statale rispetto alla misura dell'imposta stabilita dalle
altre Regioni che hanno istituito  l'IRESA  quale  tributo  regionale
proprio, ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. n. 68/2011. 
    In particolare, il limite massimo fissato  dal  comma  15-bis  e'
grandemente inferiore rispetto alle  soglie  minime  stabilite  dalla
legge regionale del  Lazio  n.  2  del  2013  (doc.  2),  e  comunque
inferiore a tutte le soglie massime applicate dalle altre Regioni che
hanno istituito l'IRESA quale tributo regionale proprio. 
    Ancora   a   conferma    dell'irragionevolezza    dell'intervento
normativo, sotto il  profilo  del  difetto  di  proporzionalita',  si
consideri altresi' che, come  ricordato  anche  dall'Antitrust  nella
propria segnalazione, in data 6 dicembre 2012,  la  Conferenza  delle
Regioni e  delle  Province  Autonome  aveva  approvato  un  documento
rubricato "IRESA (imposta  regionale  sulle  emissioni  sonore  degli
aeromobili): Modalita' applicative», al dichiarato fine di  "favorire
uniformita' di disciplina nelle  Regioni  ordinarie  ed  evitare  che
elementi operativi o di dettaglio possano condurre a  discriminazioni
tra le diverse Regioni" (doc. 4). 
    Ebbene  il  documento  in   questione,   riconoscendo,   in   via
preliminare, che la determinazione delle aliquote applicabili rientra
"nell'ambito di autonomia  di  entrata  e  di  spesa  riconosciuta  a
ciascuna Regione", ha approvato uno schema-tipo di proposta di  legge
regionale istitutiva con tabella allegata. 
    Ebbene, le forbici previste dalla tabella in esame stabiliscono -
al pari della Regione Lazio  -  un  limite  massimo  di  applicazione
dell'aliquota pari ad € 2,50, e dunque grandemente superiore a quello
stabilito dall'impugnato comma 15-bis, pari ad €  0,50.  Quest'ultimo
tetto,  inoltre,  e'   addirittura   inferiore   all'importo   minimo
dell'aliquota stabilito dalla Conferenza per determinate categorie di
aeromobili (doc. 4). 
    A fronte di quanto precede, non si  capisce  davvero  in  base  a
quali risultati fattuali o approfondimenti istruttori il  legislatore
sia giunto alla determinazione della soglia di 0,50  operata  con  la
norma impugnata. Approssimazione che risulta ancora piu' evidente  se
si considera che la norma si dimentica addirittura di individuare  il
parametro cui riferire il limite dello 0,50. Il che rende ancor  piu'
manifesto il  vizio  di  irragionevolezza  che  connota  l'intervento
normativo e  che  lo  rende  costituzionalmente  illegittimo  pur  se
asseritamente volto alla tutela della concorrenza. 
    3. Ancora ad indizio dell'irragionevolezza  della  norma  oggetto
del  presente   giudizio,   sotto   il   profilo   del   difetto   di
proporzionalita', si consideri che per effetto della norma  impugnata
gli introiti della Regione Lazio relativi alla riscossione dell'IRESA
subiranno una decurtazione superiore al 70%, con perdite di circa  40
milioni di euro l'anno. Infatti, la  legge  regionale  n.  2  del  29
aprile 2013, istituendo l'IRESA e fissando le relative  aliquote,  ha
stimato un gettito annuo di circa 55  milioni  di  euro,  mentre  con
l'applicazione del tetto  massimo  introdotto  dal  contestato  comma
15-bis, il gettito proveniente dall'IRESA per  la  Regione  Lazio  si
attesterebbe a circa 15 milioni di euro, con una perdita di circa  il
73% (doc. 5). 
    Il sacrificio imposto alla Regione, peraltro, non trova  adeguata
corrispondenza nel beneficio che, dalla determinazione  della  soglia
di € 0,50, trarrebbero gli utenti del servizio. Infatti  per  effetto
della decurtazione in esame le tariffe praticate dagli operatori  del
settore (che sono soliti "ricaricare"  l'ammontare  del  tributo  sul
costo del biglietto) non sarebbero soggette ad un risparmio incisivo,
con  la  conseguenza  che  anche  gli  effetti   concorrenziali   che
vorrebbero perseguirsi  con  la  norma  impugnata  risulterebbero  di
irrilevante incidenza. Deve dunque concludersi che l'art.  13,  comma
15-bis,  del  d.l.  n.  145/2013,  come  inserito  dalla   legge   di
conversione n. 9 del  2014,  sia  costituzionalmente  illegittimo  in
quanto  il  legislatore,  nell'esercitare   la   propria   competenza
esclusiva nella materia "trasversale" della tutela della concorrenza,
ha  travalicato  i  limiti  di  ragionevolezza   e   proporzionalita'
dell'intervento, senza peraltro ottenere nessun risultato utile sotto
il  profilo  specificamente  tutelato.  Si   insiste   pertanto   per
l'annullamento della norma impugnata  per  violazione  del  combinato
disposto degli artt. 3 e 117, comma 2, lett. e) della Costituzione. 
III.  Illegittimita'   costituzionale   dell'art.   13,   comma   del
decreto-legge 23 dicembre 2013,  n.  145,  inserito  dalla  legge  di
conversione 21 febbraio 2014, n. 9, per violazione degli articoli  3,
117, commi 2 e 3, e 119, commi 1 e 2 della  Costituzione,  anche  con
riferimento all'articolo 11  del  d.lgs.  6  maggio  2011,  n.  68  e
all'articolo 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. 
    1. La norma impugnata si  mostra  costituzionalmente  illegittima
anche in quanto ingerisce indebitamente sulle attribuzioni  spettanti
alla  Regione  Lazio  ai  sensi  dell'art.   117,   comma   3   della
Costituzione,    nonche'    sulla    sua    autonomia     finanziaria
costituzionalmente riconosciuta dall'art. 119, commi 1 e 2. 
    Valgano, in proposito, le seguenti considerazioni. 
    L'articolo 8 del decreto legislativo 6 maggio  2011,  n.  68,  ha
stabilito che, "Ferma la facolta' per le regioni  di  sopprimerli,  a
decorrere dal 1° gennaio 2013  sono  trasformati  in  tributi  propri
regionali (...) l'imposta sulle emissioni  sonore  degli  aeromobili,
(...) di cui agli articoli da 90 a 95 della legge 21  novembre  2000,
n. 342». 
    Per  effetto  della   norma   in   commento,   dunque,   l'IRESA,
originariamente disciplinata dagli artt. 90 e seguenti della legge n.
342/2000, e' stata trasformata in un  tributo  regionale  proprio  in
senso stretto, ai sensi del richiamato articolo 7, comma 1, lett. b),
n. 3) della legge n. 42 del 2009. 
    La disciplina dell'IRESA,  pertanto,  e'  oggi  ascrivibile  alla
materia, di competenza legislativa  concorrente,  "coordinamento  del
sistema tributario" di cui al terzo comma  dell'articolo  117  Cost..
Codesta ecc.ma Corte ha recentemente  chiarito  che  soltanto  per  i
tributi regionali c.d. "derivati" (cioe'  istituiti  e  regolati  con
legge dello Stato), la competenza legislativa  rimane  esclusivamente
statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. e) della Costituzione,
mentre nel caso di tributi "degli  altri  enti",  e  per  quanto  qui
rileva  di  quelli  istituiti  e  regolati  da  leggi  regionali,  la
competenza legislativa e' concorrente (sent. n. 121 del 2013). 
    Nel caso in esame, la Regione Lazio con legge regionale n. 2  del
2013 ha provveduto  (art.  5)  ad  istituire  l'IRESA  quale  tributo
regionale proprio e a dettarne la  relativa  disciplina,  stabilendo,
tra  l'altro,  le  aliquote  dell'imposta  sulla  base   di   diversi
parametri. 
    2. Cio' premesso, e' evidente come il comma 15-bis  dell'articolo
13 del d.l. n. 145/2013,  inserito  in  sede  di  conversione,  nello
stabilire  la  misura  massima  dei  parametri  per  la   definizione
dell'IRESA,  abbia  inciso  appunto  su   una   sfera   competenziale
attribuita alla legislazione regionale (per  effetto  del  menzionato
art. 8, d.lgs. n. 68/2011), sotto il profilo del coordinamento  della
finanza pubblica e del sistema tributario. L'intervento in questione,
tuttavia, esorbita dalla potesta' legislativa di  principio  concessa
allo Stato in subiecta materia, considerato  che  si  tratta,  a  ben
vedere, non di un principio fondamentale di coordinamento del sistema
tributario, bensi' di  una  statuizione  di  dettaglio  di  immediata
applicazione nei confronti delle Regioni. 
    Infatti, la determinazione di una aliquota massima  cosi'  bassa,
pari  a  € 0,50  indipendentemente  dai  parametri   di   definizione
utilizzati,  finisce  per  svuotare  di  contenuto  le   attribuzioni
regionali  inerenti  la  graduazione  dell'aliquota  in   base   alle
caratteristiche  del  velivolo  o  in  base  agli   altri   parametri
utilizzati. In altre parole, il legislatore regionale sara' costretto
ad applicare, per tutti i velivoli, la soglia massima  stabilita  dal
legislatore,  posto   che   altrimenti   l'istituzione   dell'imposta
risulterebbe del tutto inutile, in quanto il  gettito  resterebbe  in
gran parte o totalmente assorbito dai  costi  amministrativi  per  la
riscossione dell'imposta, per il controllo e la  lotta  all'evasione.
In altri termini,  fissando  aliquote  inferiori,  differenziate  per
tipologia  di  velivolo  o  in  base  ad  ulteriori   parametri,   si
rischierebbe di ottenere l'assurdo risultato per cui i costi  per  la
riscossione dell'imposta sarebbero superiori  alle  relative  entrate
riservate alla Regione. 
    Insomma, la norma impugnata fissa una misura massima cosi'  bassa
da  risultare,  nella  sostanza,  una  statuizione  di  dettaglio  di
immediata applicazione,  come  tale  non  consentita  nella  suddetta
materia di potesta' legislativa concorrente. 
    Ne' per legittimare  l'intervento  statale  potrebbe  farsi  leva
sull'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela  della
concorrenza. Sul punto non puo' non rilevarsi,  in  senso  contrario,
che qualsiasi tributo regionale proprio, quale l'IRESA,  incide,  per
definizione, sulle  attivita'  economiche  interessate  dal  relativo
presupposto   di   imposta,   comportando,   per   l'effetto,   delle
fisiologiche differenze  tra  le  varie  Regioni.  Ne  consegue  che,
laddove si ammettesse il potere dello Stato di  intervenire  in  modo
cosi'  penetrante  attraverso  l'esercizio  della  competenza   sulla
concorrenza, si finirebbe per eliminare  la  garanzia  costituzionale
offerta alla competenza regionale sui tributi  propri,  svuotando  di
significato l'articolo 119 della Costituzione. 
    3. Si consideri, ancora, che la  nonna  impugnata,  incidendo  in
modo  significativo  sulle  entrate  della  Regione  Lazio;si  mostra
elusiva degli articoli 117 e 119 Cost.,  in  combinato  disposto  con
l'art. 11 del d.lgs. n. 68 del 2011 e con l'art. 29  della  legge  31
dicembre  2009,  n.  196,  di  attuazione  dell'articolo   81   della
Costituzione, anche in relazione all'art. 3 della  Costituzione,  per
difetto di proporzionalita' e ragionevolezza. 
    Come   accennato,   con   l'introduzione   del   tetto    massimo
dell'aliquota a € 0,50, il  gettito  proveniente  dall'IRESA  per  la
Regione Lazio si attesterebbe a circa 15 milioni  di  euro,  con  una
differenza di 40 milioni di euro annui rispetto alle entrate  attese,
e dunque con una perdita della partita di bilancio pari al 73%  (doc.
5). 
    Tale  criticita'  e'  stata  segnalata  anche  dalla  Commissione
Bilancio, Tesoro e Programmazione nella seduta del 6  febbraio  2014,
nonche' dal Servizio Studi della Camera dei Deputati, i  quali  hanno
osservato "che la  disposizione  prevista  al  comma  15-bis  risulta
suscettibile di ridurre in modo significativo le  entrate  di  alcune
regioni che hanno deliberato  aliquote  d'imposta  superiori,  talora
anche in misura rilevante, rispetto al tetto massimo  indicato  dalla
norma.  Restando  invariata  la  facolta'  di  spesa  delle  regioni,
delimitata dal patto di stabilita' interno,  la  disposizione  sembra
suscettibile di incidere negativamente anche sui saldi complessivi di
finanza pubblica. In proposito ritiene opportuno  acquisire  l'avviso
del Governo" (doc. 6). 
    Il menzionato art. 13, comma 15-bis si mostra  illegittimo  anche
sotto un distinto e concorrente profilo.  L'autonomia  regionale  e',
infatti, lesa - e corrispondentemente risultano violati gli artt. 117
e 119 Cost. - anche per il fatto che l'intervento statale e' privo di
copertura finanziaria, nel senso  che  elimina  un'imposta  regionale
senza specificare le misure compensative. 
    Si consideri, sul punto, che l'art. 11  del  d.lgs.  n.  68/2011,
prevede, al primo comma,  che  "gli  interventi  statali  sulle  basi
imponibili  e  stille  aliquote  dei   tributi   regionali   di   cui
all'articolo 7, comma 1, lettera b), numeri 1)  e  2),  della  citata
legge  n.  42  del  2009  sono  possibili,  a  parita'  di   funzioni
amministrative conferite, solo se prevedono la  contestuale  adozione
di misure per la completa compensazione tramite modifica di  aliquota
o attribuzione di altri tributi". 
    Ulteriore indice dell'irragionevolezza della disciplina censurata
sta nel fatto che l'art. 15-bis non contiene la previsione dell'onere
- inteso anche come minore entrata - a carico dei bilanci  regionali,
ne' l'indicazione della copertura dell'onere stesso riferita a  detti
bilanci annuali  e  pluriennali.  A  tal  proposito  si  precisa  che
l'articolo 19 della legge 31  dicembre  2009,  n.  196  -  "Legge  di
contabilita' e finanza pubblica" - prevede, specificando  l'art.  81,
quarto comma della Costituzione, che "Le leggi e i provvedimenti  che
comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a  carico  dei
bilanci  delle  amministrazioni   pubbliche   devono   contenere   la
previsione  dell'onere  stesso  e   l'indicazione   della   copertura
finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali". 
    Alla luce di tutto quanto precede, si insiste per la declaratoria
di illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 15-bis, d.l.  n.
145/2013, inserito dalla legge di conversione  n.  9  del  2014,  per
violazione degli artt. 3, 117, commi 2 e 3, e 119, commi 1 e 2  della
Costituzione, anche con riferimento all'art. 11 del d.lgs. n. 68/2011
e all'art. 19 della legge n. 196 del 2009, di attuazione dell'art. 81
Cost. 
IV.   Illegittimita'   costituzionale   dell'art.   13,   comma   del
decreto-legge 23 dicembre 2013,  n.  145,  inserito  dalla  legge  di
conversione 21 febbraio 2014, n. 9, per violazione dell'art. 120,  in
combinato disposto con gli articoli 117  e  119  della  Costituzione,
sotto il profilo del principio della leale collaborazione. 
    Da ultimo, l'impugnato comma 15-bis si mostra  costituzionalmente
illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione. 
    Al riguardo occorre premettere che l'intervento in esame, benche'
dichiaratamente ricollegato all'esercizio della potesta'  legislativa
statale  in  materia  di  "tutela  della  concorrenza",   detta   una
disciplina che, per tutto  quanto  detto  ai  motivi  che  precedono,
incide su ulteriori ambiti  materiali  di  competenza  regionale.  In
proposito, si ribadisce che  il  comma  15-bis,  fissando  la  misura
massima dei parametri  di  definizione  dell'imposta  IRESA,  tributo
regionale proprio in senso stretto,  ha  inciso  direttamente  su  un
ambito materiale di competenza legislativa regionale concorrente,  il
"coordinamento della finanza pubblica e del sistema  tributario",  di
cui all'art. 117, comma 3 della Costituzione, nonche'  sull'autonomia
finanziaria della Regione Lazio, riconosciuta dall'art. 119, commi  1
e 2 Cost., introducendo una disciplina che non  puo'  nemmeno  essere
qualificata quale principio generale di  coordinamento,  bensi'  come
disciplina di dettaglio immediatamente applicativa. Tali  circostanze
avrebbero reso  necessario  il  coinvolgimento  delle  Regioni  nella
formulazione dell'emendamento di cui al comma 15-bis dell'art. 13 del
d.l. n. 145/2013, inserito in sede di conversione. 
    Peraltro va evidenziato che, secondo un costante orientamento  di
codesta  ecc.ma  Corte,  "ai  fini  del  giudizio   di   legittimita'
costituzionale, la qualificazione legislativa non vale ad  attribuire
alle norme una natura  diversa  da  quelle  ad  esse  propria,  quale
risulta dalla loro oggettiva sostanza" (ex multis,  sentenze  n.  164
del 2012, n. 182  del  2011  e  n.  247  del  2010).  Pertanto,  "per
individuare  la  materia  alla  quale  devono  essere   ascritte   le
disposizioni oggetto di censura, deve farsi  riferimento  all'oggetto
ed alla disciplina delle medesime, tenendo conto della loro  ratio  e
tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi,  cosi'  da
identificare  correttamente   e   compiutamente   anche   l'interesse
tutelato" (sentenze n. 430, n.196 e n. 165 del 2007). 
    Tale  considerazione  impone  di  riflettere,  in  primo   luogo,
sull'effettiva  ascrivibilita'  della  disciplina  recata  dal  comma
15-bis   impugnato   alla   materia   "tutela   della   concorrenza".
L'intervento in esame, come si e' gia' eccepito,  non  e'  idoneo  ad
ingenerare  alcuna  apertura  concorrenziale   del   mercato,   anzi,
appiattendo l'imposta IRESA ad un valore talmente basso da  risultare
tamquam  non  esset,  finisce  per  violare   lo   stesso   principio
concorrenziale che  vuole  premiare  le  imprese  piu'  efficienti  e
competitive  (quelle  che,  per  quanto  qui  rileva,  si  dotino  di
apparecchi meno rumorosi ed inquinanti). 
    Piuttosto, dettando un preciso vincolo al  legislatore  regionale
nella disciplina di un tributo "proprio", il  comma  15-bis  dovrebbe
essere   ricondotto,   in   via   prioritaria,   alla   materia   del
"coordinamento del sistema tributario". 
    Ad ogni modo, pur a  voler  ricondurre  effettivamente  il  comma
15-bis alla competenza statale in materia di  concorrenza,  resta  il
fatto che l'intervento in esame incide direttamente su  un  interesse
differenziato della Regione e che interferisce  in  misura  rilevante
sulle scelte rientranti nelle competenze della medesima in materia di
tributi regionali propri. 
    Ebbene, quando un medesimo oggetto sia imputabile a materie,  non
solo diverse, ma anche sottoposte  a  diversi  regimi  competenziali,
(nelle ipotesi, cioe',  in  cui  ricorra  una  c.d.  "concorrenza  di
competenze"),  il  legislatore  statale  e'  tenuto  ad   "attribuire
adeguato  rilievo  al  principio  di  leale  collaborazione,  le  cui
potenzialita' precettive si manifestano compiutamente negli ambiti di
intervento nei quali s'intrecciano interessi ed esigenze  di  diversa
matrice» (sentenza n. 33 del 2011). E l'applicazione di questo canone
impone alla  legge  statale  di  predisporre  adeguate  modalita'  di
coinvolgimento delle Regioni a salvaguardia  delle  loro  competenze"
(ex multis Corte cost., sent. n. 230 del 2013, n. 33 del 2011, n. 219
del 2005, n. 50 del 2005). 
    Cio' non e' avvenuto nel caso di specie, posto che l'introduzione
della norma impugnata non e'  stata  preceduta  da  alcuna  forma  di
cooperazione tra il legislatore statale e le singole regioni,  mentre
l'incidenza della disciplina di cui al  comma  15-bis  su  un  ambito
materiale sottoposto a diversi ambiti di competenze, ne avrebbe  reso
necessario il coinvolgimento. L'eccepita  lesione  del  principio  di
leale collaborazione, che  ridonda  direttamente  sulle  attribuzioni
regionali di cui agli artt. 117 e 119  Cost.,  riguarda  specialmente
quelle regioni che, come la Regione Lazio, in attuazione dell'art. 8,
d.lgs. n.  68/2011,  hanno  istituito  e  disciplinato  autonomamente
l'IRESA quale tributo proprio. 
    Alla  luce  di  quanto  precede,  si  insiste   affinche'   venga
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.   13,   comma
15-bis, del d.l. n. 145/2013, inserito dalla legge di conversione  n.
9 del 2014, anche per violazione dell'art. 120  Cost.,  in  combinato
disposto con gli artt. 117 e 119 Cost., sotto il profilo di  elusione
del principio di leale collaborazione.